Un passo indietro, definitivo. I tentativi di mediazione del week end, il consiglio di amministrazione durato fino a notte fonda, l’uscita di scena del segretario generale Andrea Varese e le nomine negli enti collegati. Nulla è servito a placare gli animi e così Fabrizio Palenzona ha deciso di dimettersi dalla presidenza di Fondazione Crt.
LE DIMISSIONI
Lo ha fatto mettendo nero su bianco le ragioni di questa scelta maturata, a quanto si apprende, con grande rammarico. I passi degli ultimi giorni non sarebbero serviti a silenziare le speculazioni che hanno avvolto gli ultimi avvenimenti dell’ente. Così è stata presa la decisione di dare l’addio a un incarico per il quale, avrebbe fatto sapere l’ex numero uno, non era disposto a fare compromessi in termini di etica e legalità. Al punto da stigmatizzare con parole dure il pessimo spettacolo offerto all’esterno dalla Fondazione nelle ultime settimane.
Durante le quali, avrebbe aggiunto l’ex numero uno dell’ente, si sarebbe ragionato più secondo una logica spartitoria piuttosto che nell’ottica di preservare e promuovere i valori di un ente volto principalmente all’aiuto filantropico.
LA GENESI
Ma come si è arrivati a questo inatteso epilogo? Lo strappo avvenuto all’interno del board nella riunione dello scorso venerdì pomeriggio, successivo alla definizione della lista del consiglio di indirizzo, e lo scontro che si è protratto nella riunione iniziata lunedì 22 aprile, hanno rappresentato di fatto la goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo da tempo.
Tutto è nato a valle delle interlocuzioni avviate ancora diverso tempo fa per definire il consiglio di indirizzo della Fondazione, una sorta di parlamentino composto da 22 membri, di cui quattro nominati dall’organo uscente e gli altri 18 in base a delle terne proposte dai vari soggetti istituzionali che ruotano attorno all’ente. Nel corso della definizione dei candidati l’ex segretario generale di Crt, Varese, è stato informato da uno dei consiglieri all’opera sul dossier che un numero consistente di altri consiglieri si stava coagulando attorno a una sorta di patto per definire non solo la lista ma anche le eventuali posizioni all’interno dell’organo, andando di fatto a formare un accordo segreto per eterodirigere il consiglio, influenzarne voto e mosse future. Di qui la decisione di Varese, su indicazione di Palenzona, una volta raccolti opportuni pareri legali che hanno rilevato profili di illegittimità, di informare il Mef con un dossier dettagliato su quanto stava avvenendo. Da quel momento in poi l’ente si è mosso sulla scorta di quelle che sono state le indicazioni fornite dal ministero. Nel mentre, però, è arrivata in Fondazione una lettera dell’ex consigliere Corrado Bonadeo, in cui informava l’ente di essere lui il regista del patto occulto nato attorno all’elezione del consiglio di indirizzo e di essersi mosso con il solo intento di fare il bene della Fondazione. A valle di questo, pochi giorni prima delle riunioni del 19, Bonadeo ha fatto pervenire una seconda missiva in cui annunciava le proprie dimissioni: era stato indicato nell’elenco dei quattro futuri cooptati, con l’unico scopo di placare gli animi e creare un clima più disteso. Le dimissioni sono state accolte e il pensiero diffuso era che il capitolo patto fosse chiuso. In apertura di cda, venerdì 19, un consigliere ha però messo sul tavolo un parere legale nel quale veniva messo in discussione, tra le altre cose, l’operato dell’ex segretario generale, al quale sarebbe stato imputato di aver avviato le interlocuzioni con il Mef prima di informare il consiglio e il collegio dei sindaci. In ragione di questo, quattro dei sette membri del board avrebbero espresso la propria sfiducia a Varese uscito poi di scena nelle ultime ore. Questa recrudescenza dello scontro sulle nomine ha dunque riportato d’attualità la questione del patto occulto ma non solo. Quel che è chiaro, al di là degli ultimi passaggi, è che da mesi serpeggiava in seno alla Fondazione una questione di carenza di fiducia e di allineamento degli organi con il presidente Palenzona, anche per alcune scelte strategiche e di investimento che alcuni consiglieri non avrebbero condiviso. Aspetto poi deflagrato nello scontro sul segretario.